Era una calda mattina di luglio quando Lorenzo, artista eclettico milanese, scalzo come sempre, salì sulla sua utilitaria grigio scuro e lasciò la città, diretto verso la Val Camonica. Destinazione: Bienno, il borgo degli artisti. Un invito esclusivo lo attendeva: esporre le sue opere nel suggestivo Palazzo Simoni Fè.
Come d’abitudine, Lorenzo si era preparato mentalmente al viaggio con ricerche storiche e folkloristiche. Scoprì, con crescente curiosità, che Bienno era un luogo ricco di antiche leggende: streghe, presenze, apparizioni, strani racconti sussurrati tra i vicoli acciottolati. Esattamente il tipo di mistero che accendeva la sua creatività.
Prima di raggiungere la meta, decise di fare una pausa per sgranchirsi le gambe e prendere un caffè. Si fermò su uno degli spiazzi lungo il lago di Endine, uno scorcio da cartolina. Trovò un parcheggio, attratto da un chiosco ambulante: scoprì che c’era di tutto da mangiare, tranne il suo amato caffè lungo e nero. Infastidito, accese un sigaro e si lasciò cullare dal silenzio, interrotto solo dal lieve sciabordio dell’acqua.

Fu allora che nel parcheggio arrivò una macchina nera, una Porsche Cayenne. Dalla vettura scesero Samanta e Andrea. Lei, bellissima, con un fisico mozzafiato valorizzato da un vestitino aderente, lunghi capelli neri e mossi che il venticello lacustre muoveva e spettinava con delicatezza. La pelle color caramello. Lui, affascinante e sicuro di sé. Sembravano usciti da un romanzo d’amore estivo. Dopo effusioni cariche di passione e una breve sosta sulla panchina del lungolago, chiesero a Lorenzo una foto per immortalare l’atmosfera magica del momento. Lorenzo acconsentì, seppur svogliatamente, poi li osservò allontanarsi ridendo verso il chiosco, complici e felici, ancora intenti a scambiarsi gesti d’amore.
Lorenzo riprese il viaggio e raggiunse Esine, dove lo attendeva una stanza in un piccolo B&B. Rapido check-in e doccia rigenerante, poi si diresse verso Bienno. Vagò tra le vie strette, lasciandosi ispirare dai cortili, dai portoni antichi, dalle pietre cariche di storia. Prima di cena si fermò in un bar vicino alla chiesa di Santa Maria. Al tavolo accanto, Nadia e Antonio, appena arrivati in moto, discutevano animatamente delle strane sensazioni provate durante la visita a Palazzo Simoni Fè e della leggenda del fantasma della contessa.

Lorenzo ascoltava. I dettagli erano vividi. La coppia parlava di una guida, Ornella, che raccontava di una presenza nel vestibolo della contessa: un freddo improvviso, un soffio sul collo. In uno dei suoi sopralluoghi solitari all’ultimo piano del palazzo, in un’occasione, aveva percepito una presenza, ma cercando non aveva trovato nessuno. Anche una sua collega, Giovanna, aveva vissuto un’esperienza simile. Parlava di un’energia sottile, che sembrava permeare le stanze più antiche del palazzo. La stessa Giovanna non era nuova a questo tipo di sensazioni: nei suoi ricordi, conservava l’esperienza vissuta da lei e dalla sorella minore nella vecchia casa dove abitavano da bambine, quando avevano percepito la presenza del fantasma di un frate.
Il giorno seguente, l’evento artistico ebbe inizio. Lorenzo allestì le sue opere nel salone centrale, ma il suo interesse era altrove. Voleva vedere la zona “in cima”, le stanze chiuse al pubblico. Era fuori programma, certo, ma lui era un artista. Uno spirito libero.
Riuscì a convincere un giovane assistente della mostra a lasciargli dare un’occhiata prima della chiusura. Salirono le scale che conducevano al secondo piano, fino a una porta chiusa con una semplice serratura. Il ragazzo la aprì, ma si fermò sulla soglia.
«Io qui non entro…» mormorò.
Lorenzo sorrise, pensando fosse solo superstizione, ed entrò da solo.
Il corridoio era lungo, illuminato da una luce obliqua che filtrava tra le persiane. Le pareti affrescate sembravano muoversi nel silenzio. Si avvicinò a una porta socchiusa: la stanza della contessa. Dentro, un piccolo scrittoio, uno specchio antico, una poltrona.
Fu allora che avvertì anche lui quella presenza. Subito dopo sentì il freddo. Non come una corrente d’aria: era qualcosa di diverso. Interiore. Una pressione sulle tempie. Si voltò. Nessuno.
Scattò una foto col telefono, ma lo schermo si bloccò. Si riavviò da solo. Quando riaprì la galleria, una nuova immagine era apparsa. Non quella che aveva appena scattato. Era una foto di Samanta e Andrea… solo che lo sfondo non era il lago, ma proprio quella stanza. I due erano immobili, pallidi, con gli occhi sbarrati.
Lorenzo uscì dalla stanza di corsa. Il ragazzo era lì ad attenderlo, preoccupato.
«Tutto bene? Sei pallido come uno straccio.»
«Hai mai visto questa ragazza?» chiese Lorenzo, mostrandogli la foto.
Il ragazzo lo guardò, confuso.
«Ma quella… quella è Samanta. Lei e Andrea. Scomparsi anni fa. Erano venuti qui per l’evento del 2018. Nessuno li ha più visti dopo aver visitato questo piano del palazzo.»
Lorenzo trascorse il resto della giornata come in trance. Tornato al B&B, cercò la foto sul telefono. Era sparita. Anche lo scatto che aveva fatto lui. Come se non fosse mai esistita.
La mattina seguente, per distrarsi, si fermò di nuovo al bar vicino alla chiesa. Stavolta, al tavolo accanto, c’erano due donne: Chiara e Martina. Ridevano, parlavano di vibrazioni, di energie, di presenze. Una di loro disse: «Lì dentro non entri senza lasciare qualcosa di te. O portarti via qualcosa che non vuoi.»

Lorenzo si alzò di scatto, lasciando la birra a metà. Aveva deciso: non avrebbe mai più messo piede in quel palazzo.
Ma quando risalì in macchina, trovò una foto stampata sul sedile. Era la foto di Samanta e Andrea. Solo che questa volta, dietro di loro, riflesso nello specchio, c’era lui.
Qualche settimana dopo, una guida raccontava a un gruppo di turisti una leggenda recente: quella di un artista milanese, dai piedi nudi, scomparso nel nulla dopo aver esplorato la stanza segreta del palazzo.
Il suo nome? Nessuno lo ricordava più.
Ma ogni tanto, qualcuno dice di sentire un odore di sigaro nei corridoi… e di vedere un uomo scalzo, con in mano un iPhone, intento a cercare il momento perfetto da immortalare.
Ma nessuno riesce mai a scattare una foto.
Lascia un commento