Un ritorno all’Oasi di Sant’Alessio: tra natura, luce e ricordi

Ho scoperto l’Oasi di Sant’Alessio nel 2015, durante uno dei miei primi workshop fotografici con Fabrizio. Ricordo ancora perfettamente la curiosità e l’emozione di quel giorno: me ne aveva parlato spesso, ma non avevo mai avuto l’occasione di visitarla. Finalmente stavo per esplorare, macchina fotografica alla mano, un angolo di natura che prometteva meraviglie.

Un aneddoto curioso è legato proprio all’inizio di quella giornata. Arrivammo di buon mattino e, dopo aver acquistato i biglietti, ci dirigemmo verso l’ingresso. Tuttavia, prima ancora di varcare la soglia dell’Oasi, Fabrizio decise di iniziare con una lezione sull’esposizione corretta. Così, ci fermammo per oltre mezz’ora a studiare come misurare la luce che colpiva una semplice foglia di una siepe.

Nel frattempo, numerosi visitatori ci superavano, lanciandoci sguardi perplessi. Qualcuno si fermava persino a scrutare la vegetazione, convinto che stessimo osservando qualche raro animale mimetizzato. In realtà, stavamo semplicemente imparando a leggere la luce — una delle lezioni più utili e formative che io ricordi.

Solo dopo quel lungo, ma fondamentale approfondimento tecnico, entrammo finalmente nell’Oasi, pronti a farci conquistare dalla sua magia. Una delle esperienze che mi è rimasta più impressa fu la visita alla stanza delle farfalle. Ricordo un’esplosione di colori e movimento: decine di farfalle svolazzavano intorno a noi, creando un’atmosfera quasi surreale. Curiosamente, nelle visite successive non sono mai riuscito a ritrovare la stessa abbondanza. Forse era il periodo perfetto, o forse semplicemente la fortuna del principiante.

Lo scorso luglio, dopo diversi anni di assenza, sono tornato all’Oasi. Ritrovare quell’atmosfera unica, sospesa tra natura e silenzio, è stato come fare ritorno in un luogo dove si è lasciato un pezzo di cuore. Camminare tra i sentieri, osservare gli animali da vicino, lasciarsi sorprendere dai colori della vegetazione: tutto contribuisce a rendere l’Oasi di Sant’Alessio un luogo speciale, capace di farci rallentare, respirare, e riconnetterci con il mondo naturale.

Un breve sguardo alla storia dell’Oasi

L’Oasi di Sant’Alessio ha una storia affascinante, che nasce dalla visione e dalla determinazione di due persone: Antonia e Harry Salamon. Nel 1973, la coppia acquistò il castello di Sant’Alessio con Vialone, una struttura risalente all’XI secolo, e i terreni circostanti, allora ridotti a un semplice campo coltivato a erba medica. Non c’era un solo albero, e un rigagnolo maleodorante attraversava l’area.

Da quel momento iniziò un lungo lavoro di riqualificazione ambientale. Ispirati da modelli di conservazione già attivi nel Nord Europa, trasformarono quell’area degradata in un vero e proprio laboratorio di biodiversità. L’obiettivo era ambizioso: ricreare ambienti naturali tipici della Pianura Padana e ospitare specie in via di estinzione, dando vita a un progetto pionieristico in Italia.

Oggi, l’Oasi non è solo un rifugio per numerose specie animali — tra cui cicogne bianche, aironi rossi, lontre, martin pescatori e, appunto, farfalle tropicali — ma anche un prezioso luogo di educazione ambientale e ricerca scientifica.

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