Capitolo 11

Fratture inattese

“Ogni riferimento a persone, cose o fatti realmente esistenti o accaduti è puramente casuale.”

L’aria di fine settembre aveva smesso di profumare d’estate, ma non era ancora pienamente autunno. Aurora camminava piano lungo la via alberata vicino casa sua, le mani affondate nelle tasche del trench chiaro, come se potesse proteggerle il cuore dal freddo che sentiva dentro. Non c’era vento, né pioggia. Solo un silenzio quasi irreale. Eppure, dentro di lei, il rumore era assordante.

Il sei settembre aveva lasciato un segno che continuava a pulsare. Non era solo la voce di Alessandro, ferma ma gentile, che le rimbombava in testa. Era la verità che aveva ammesso a se stessa mentre lui parlava. Era la consapevolezza che si stava sgretolando qualcosa che forse aveva iniziato a rompersi molto prima. Ma ora, era tutto lì. Nudo. Inevitabile.

Seduta da sola nel caffè dove spesso si incontrava con Bianca, Aurora si trovò a fissare la tazzina mezza vuota. Ripensava a quella conversazione, quando con Bianca avevano affrontato la sua crisi. Bianca le aveva detto: «Aurora, ma cosa ti sta capitando?» «Non lo so» — aveva risposto lei — «forse non so più cosa possa darmi la relazione con Alessandro.» «Ma stai scherzando? Non dire nemmeno per scherzo queste cose. Non si può buttare via una relazione così importante per una crisi passeggera. Guarda me: sono stata in crisi per un anno, ma alla fine ho resistito, e ora finalmente viviamo insieme.»

Ma Aurora le aveva confessato che nella sua testa ronzava qualcosa di nuovo.
Fu allora che Bianca scoppiò in lacrime. Non conosceva Alessandro di persona, ne aveva solo sentito parlare tantissimo da Aurora. Ma per lei era abbastanza.

«Non merita tutto questo? Tutti i sacrifici che ha fatto per te? E anche i tuoi?» — le aveva detto.

E poi, all’improvviso, Aurora aveva pronunciato parole che non avrebbe mai immaginato di dire:
«C’è stato un attimo, uno soltanto, in cui ho sentito qualcosa. Per un altro.»

Lo aveva detto così, senza cercare scuse, senza abbellimenti.
Bianca, che aveva sempre avuto una forza morbida, le aveva preso la mano con delicatezza. Poi aveva pianto. Forse più per lei che per Aurora.

Non si trattava solo di Alessandro. Non era questione di un tradimento fisico — che non era mai avvenuto. Ma di una frattura interna, subdola, silenziosa. Un’emozione nuova, inaspettata, che le aveva fatto capire quanto fosse fragile l’equilibrio che pensava indistruttibile.
Lavorare fianco a fianco con quel collega — Tommaso — era stato semplice. Troppo. E in quella semplicità si era aperto uno spiraglio, che aveva lasciato passare la luce su una zona buia del suo cuore.

Non era amore. Non era desiderio.
Era la prova, inquietante, che qualcosa in lei era cambiato.

— Come ho fatto ad arrivare fin qui? — continuava a chiedersi. Lo faceva ogni sera, quando chiudeva la porta alle sue spalle e si lasciava cadere sul divano senza nemmeno togliersi le scarpe.

Aveva sempre avuto paura della distanza. Ma quando era stata lei ad andarsene, per quella promozione tanto attesa, aveva pensato che sarebbe riuscita a gestirla. Invece, aveva scoperto che la lontananza fisica non era nulla in confronto a quella emotiva.

E Alessandro…
Alessandro era sempre stato lì, con la sua costanza silenziosa.
Eppure adesso, anche quando era seduto accanto a lei, sembrava un ricordo più che una presenza.

C’era una parte di Aurora che voleva lottare. Ma non sapeva più per cosa. E quella mancanza di direzione la svuotava. Aveva sempre pensato che amare significasse anche smarrirsi, ogni tanto, per poi ritrovarsi insieme. Ma ora era smarrita da sola. E non sapeva se voleva — o poteva — essere ritrovata da qualcuno.

Nelle settimane seguenti a quel venerdì, Alessandro non le aveva più scritto. Un silenzio rispettoso, ma tagliente. E Aurora, che in passato avrebbe reagito con impeto, adesso si era chiusa in una quiete fittizia, cercando di ascoltarsi. Ma ogni pensiero sembrava moltiplicarsi, fino a sommergerla. Ogni gesto quotidiano — preparare il caffè, scegliere un vestito, controllare la posta — si portava dietro il peso del non detto, dell’irrisolto.

Nel cuore della notte, quando il buio sembrava troppo spesso per respirare, si alzava dal letto e si metteva a scrivere. Non messaggi, non lettere da inviare. Solo parole senza destinatario. Le servivano per restare a galla. Un modo per non lasciarsi trascinare da quella corrente invisibile che ogni giorno la allontanava da sé stessa.

“Ho paura di essere cambiata per sempre”. Scrisse così una notte, senza pensare. Lo rilesse il giorno dopo e capì che era vero. Aveva sempre detto che l’amore non era statico, che cambiava con le persone. Ma ora si domandava: e se il cambiamento significasse la fine?

Non riusciva a immaginare la sua vita senza Alessandro, ma nemmeno con lui. Ed era questo il nodo più doloroso. L’incertezza. Il sentirsi sospesa. Come se stesse camminando su una fune tesa tra due mondi: uno che conosceva troppo bene e uno che non sapeva ancora se desiderava davvero.

Un pomeriggio, tornando da lavoro, si fermò davanti alla porta di casa e, prima di entrare, alzò lo sguardo verso il cielo. Era grigio, opaco. Come lei. Eppure sentì qualcosa muoversi. Non una soluzione. Non un’illuminazione. Ma solo il bisogno di iniziare a guardarsi dentro con più onestà.

Forse è vero, pensò. Forse qualcosa si è spezzato. Ma a volte, dalle crepe, può entrare la luce.

Entrò. Spense il telefono. Per la prima volta dopo settimane, non cercò distrazioni. Si sedette, respirò profondamente. E si concesse di stare. Di ascoltare. Di stare con sé stessa, nel silenzio.

Perché forse il primo passo non era capire cosa salvare. Ma capire chi voler essere davvero, con o senza qualcuno accanto.

La canzone che ti suggerisco di ascoltare per questo capitolo è:

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