Capitolo 20

L’alba era calda, quasi soffocante.

“Ogni riferimento a persone, cose o fatti realmente esistenti o accaduti è puramente casuale.”

Un bagliore arancione si spandeva lentamente sull’asfalto delle strade deserte, come una promessa sussurrata troppo tardi. Maricel correva, i sandali stretti in una mano, i piedi nudi a battere sul suolo ancora tiepido della notte appena passata. Il silenzio delle vie sembrava osservarla, spettatore muto della sua fuga disordinata.

Non sapeva dove stesse andando. Sapeva solo che doveva allontanarsi.

Il cuore le batteva forte, più per lo schiaffo emotivo che per lo sforzo della corsa. Perché poche ore prima, tra quelle stesse lenzuola che ora le sembravano fredde e lontane, il loro corpi si erano intrecciati, le loro anime si erano unite fino a raggiungere l’estremo piacere. Tutta la notte. Con una passione che le era sembrata sincera, viscerale, totalizzante. Si era lasciata andare, completamente, come solo chi crede davvero in ciò che sente.

Aveva lasciato tutto lì, nella mansarda: la pelle, i sogni, quel bacio che aveva creduto vero fino in fondo.

Aurora.
Quel nome. Mai sentito uscire dalle labbra di Alessandro. Eppure era lì, nero su bianco, scritto su un biglietto sbiadito ma chiaramente tenuto con cura. Conservato. Come si fa con qualcosa che si teme di dimenticare.

Maricel si fermò su una panchina, il fiato spezzato, le gambe tremanti. L’aria dell’alba tratteneva il respiro insieme a lei. Si sentiva ferita, ma non tradita. No. Il dolore era più sottile, più profondo.
Era non essere stata l’unica. Era la paura di essere arrivata troppo tardi. Era l’idea che, forse, lui non avesse mai smesso di appartenere a qualcun’altra.

E lei non voleva essere un rifugio temporaneo. Non voleva essere l’eco di un amore passato.

Si asciugò una lacrima con il dorso della mano, guardando il cielo che lentamente si rischiarava.
Respirò. A fondo. Non era più la Maricel che scappava. Quella che sopportava. Che taceva.

Ora, sentiva tutto. E voleva affrontarlo. Ma non adesso. Non all’alba.

Si alzò lentamente. Guardò il cellulare. Due messaggi da Alessandro. Non li aprì.

Camminò fino a casa, le spalle più dritte, il passo più lento ma deciso. Si mise sotto la doccia.
L’acqua fredda le colava addosso, scivolando sul corpo ancora segnato dal suo tocco.

E solo allora, mentre il sole cominciava a invadere la stanza, sussurrò a se stessa:
«Se mi vuole davvero… dovrà dimostrarmelo. Non con le parole. Ma col coraggio.»

La canzone che ti suggerisco di ascoltare per questo capitolo è:

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