Verità a porte chiuse
“Ogni riferimento a persone, cose o fatti realmente esistenti o accaduti è puramente casuale.”
La porta si richiuse piano alle spalle di Alessandro.
L’appartamento di Maricel era ordinato, pieno di luce, con le finestre spalancate per far entrare l’aria estiva. Una brezza leggera muoveva le tende bianche, proprio quelle che lui ricordava, leggere e trasparenti, come un piccolo respiro di speranza.
Ma l’aria tra loro era ancora carica, tesa.
Maricel camminò davanti a lui senza voltarsi, il passo deciso ma silenzioso. Si fermò in soggiorno, vicino alla finestra. Dopo qualche secondo, si girò, come a cercare il coraggio necessario per affrontare ciò che doveva dire. Alessandro rimase immobile, in piedi come uno scolaro in attesa di essere interrogato, il cuore che batteva forte ma trattenuto.
«Perché non l’hai buttato prima?» La sua voce era calma, non fredda, solo stanca.
Alessandro si passò una mano sulla nuca, esitante, poi trovò le parole. «Perché… per molto tempo mi sono aggrappato a cose che sembravano più semplici delle persone vere. Il biglietto, il passato, i ricordi… Non richiedono coraggio. Non fanno domande. Tu invece sì.»
Lei lo fissò, gli occhi profondi che non cercavano risposte facili. «E adesso?»
«Adesso ho paura. Ma non di te. Ho paura di me. Perché con te non posso barare, non posso raccontarmela. E quando ti ho vista scappare… ho sentito che se ti lasciavo andare, perdevo qualcosa che non avrei più ritrovato.»
Il silenzio tornò, denso ma respirabile.
Maricel si sedette sul divano, le mani intrecciate sulle ginocchia. Alessandro rimase in piedi qualche istante, poi lei gli fece un cenno con la testa, un piccolo gesto, discreto ma carico di significato.
Lui si avvicinò e si sedette accanto a lei, lasciando uno spazio tra loro, rispettoso. Non la toccò.
«Io non voglio essere un sostituto» disse lei, piano. «Non voglio vivere tra le briciole di un amore passato.»
Lui annuì. «E non lo sei. Non lo sei mai stata. Quello che c’è stato prima… non aveva la tua forza.
Non aveva la tua verità.»
Maricel chiuse gli occhi per un attimo, e un lieve tremito attraversò il suo corpo. Non era paura. Era un’emozione profonda, una crepa che si apriva nelle sue difese, lasciando passare qualcosa di nuovo.
Poi si voltò verso di lui.
Lo guardò a lungo, senza fretta. E infine posò la testa sulla sua spalla. Non era perdono. Non era una dichiarazione.
Era una possibilità.
E a volte, quando due cuori sono stati feriti, è proprio da lì che si ricomincia: da un gesto piccolo, ma vero.
La canzone che ti suggerisco di ascoltare per questo capitolo è:
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