Capitolo 24

La scelta

“Ogni riferimento a persone, cose o fatti realmente esistenti o accaduti è puramente casuale.”

Dopo quella sera, nulla era tornato come prima. Ma qualcosa aveva cominciato a nascere, con più verità, più lentezza, più coraggio. Alessandro e Maricel si vedevano, parlavano, camminavano.
Si prendevano il tempo che prima avevano bruciato tra le mani. Avevano iniziato a conoscersi davvero — con le cicatrici bene in vista.

Una sera, Maricel cucinò per lui. C’era una brezza leggera, e casa sua sembrava meno tesa. Le luci basse, una musica jazz in sottofondo, nessuna pretesa. Solo intimità, finalmente sana.

Quando finì di cenare, Alessandro la guardò in silenzio. Aveva qualcosa da dire. Lei lo capì subito.

«Cosa c’è?» Lui si alzò. Prese una piccola scatolina dalla tasca interna della giacca. Nera, vellutata. Gliela porse. Non la aprì. Non disse nulla. Solo uno sguardo. Uno di quelli che non si possono fingere.

Maricel la fissò, sorpresa.
«Cos’è…?»
«Aprila

Lei la prese con mano esitante. La aprì. Dentro, un anello. Sobrio. Elegante. Non nuovo.

Il silenzio si fece più denso.
«L’avevo comprato per Aurora.»
Le parole le tagliarono il respiro.

«Lo tenevo nascosto da mesi. L’avevo preso d’impulso, perché mi sembrava giusto. Perché pensavo che fosse ciò che si fa quando si vuole bene a qualcuno… abbastanza.»

Pausa.
«Ma non era amore. Solo paura di perderla. E lei lo sapeva.»

Maricel richiuse la scatolina con un gesto lento. Non parlava. Alessandro continuò: «Non riuscivo a liberarmene. La tenevo in fondo a un cassetto, come se ignorarla potesse cancellare tutto.
Poi hai cucinato per me. Hai riso. Mi hai guardato come nessuno. E ho capito che quel cassetto dovevo aprirlo. Non per dartelo. Ma per farti vedere cosa stavo buttando via.
E perché. Perché voglio scegliere te.
»

Maricel si alzò. Lo guardò con una calma che faceva più male di qualsiasi rabbia.

«Adesso lo capisco.
Tu mi hai scelta… solo quando lei ti ha lasciato andare.
Ma io non voglio essere la libertà che qualcun altro ti ha concesso.
Voglio essere la tua scelta, Alessandro.
La tua. Non la sua assenza.
E finché non saprò se davvero lo sono,
non posso restare.
»

Un bacio lieve sulla guancia. Un sorriso che sapeva di addio. E poi lei uscì. Lasciandolo lì. Con la scatolina ancora tra le mani. E il peso più grande: sapere di averla trovata troppo tardi.

Alessandro rimase immobile. Poi guardò di nuovo la scatolina. La riaprì. Tolse l’anello. Lo rigirò tra le dita. Non c’era niente di speciale, in fondo. Solo un oggetto. Ma quanto aveva aspettato che parlasse al posto suo?

Fece per rimetterlo a posto, ma si fermò. Lo lasciò sul tavolo, accanto al bicchiere vuoto di lei. Poi si alzò. Aprì la finestra. La brezza entrò piano, insieme a un odore di gelsomino e strada bagnata. Dalla cucina arrivava ancora il profumo del cibo, come una casa che non voleva smettere. Si passò una mano sul volto. Non c’era niente da dire. E per la prima volta, non cercò le parole.

La casa sembrava troppo silenziosa. Oppure, per la prima volta, non lo era affatto. Sedette di nuovo.
Restò lì. A guardare il punto dove lei era seduta. Come se la sua assenza avesse una forma precisa.

E capì che ci sono cose che non tornano indietro. Ma che insegnano, piano, a restare.

Fine.

La canzone che ti suggerisco di ascoltare per questo capitolo è:

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