Nel cuore della Maremma toscana, in uno scenario unico dominato da colline che sfumano nel mare, nasce il Morellino di Scansano: vino rosso composto per almeno l’85% da uve “Sangiovese”, integrate fino ad un massimo del 15% con uve provenienti da vitigni a frutto nero come “Canaiolo”, “Ciliegiolo”, “Malvasia”, “Colorino”, “Alicante”, e più di recente anche di “Merlot”, “Cabernet”, “Syrah” ed altri vitigni internazionali.
Con la vendemmia del 2007 il Morellino di Scansano è stato insignito della Denominazione di Origine Controllata e Garantita grazie all’impegno di viticoltori e vinificatori che nell’arco di tre decenni hanno cercato di raggiungere la massima qualità in ogni singola fase della lavorazione e della produzione. La storia di questo vino toscano, però, ha radici millenarie.
I materiali provenienti da recenti scavi e recuperi, esposti al Museo Archeologico e della vite e del vino di Scansano, testimoniano che la produzione vitivinicola era presente nella zona sin dall’età etrusca.
Protagonisti indiscussi di questo viaggio alla scoperta delle origini e dell’incantevole territorio del Morellino sono i borghi.
Ci si può perdere – è vero – tra le vigne e le colline pettinate dell’Albegna per arrivare poi sempre a Scansano dove si trova il Consorzio a Tutela del Vino Morellino di Scansano al quale
aderiscono più di 200 aziende e che ha l’obiettivo di garantire la qualità del vino, attraverso il disciplinare di produzione e di valorizzare il prodotto nei diversi mercati.
Ma il percorso che proponiamo racchiude in una ventina di chilometri quattro borghi medievali uno più bello dell’altro. Entrando all’interno delle mura di ognuna di queste piccole roccaforti, abbarbicate sulle colline maremmane, ci si immerge in un tempo lontano, dove miti e leggende si mischiano con la storia millenaria che si può ancora “toccare con mano”.
Il fil rouge è sempre il vino che è presente negli aneddoti di paese, tramandati dagli abitanti del borgo nel corso dei secoli e arrivati sino a noi grazie alla memoria storica che in questi luoghi è ancora molto forte e custodita.
Montiano sorge sulla vetta di un poggio che sovrasta la strada provinciale che conduce a Grosseto e da questa piccola altura di 261 metri sul mare inizia il nostro percorso. Il panorama che si gode da questo borgo è eccezionale e lo sguardo può spaziare dal Promontorio di Monte Argentario fino alle Isole dell’Arcipelago Toscano. Attraverso una porta di accesso tra le mura medievali, di cui rimangono solo pochi tratti, si entra nel centro del paese. Passeggiando tra i caratteristici vicoli si arriva a Piazza del Plebiscito con la Chiesa di San Giovanni Battista e la Torre dell’Orologio, entrambi di epoca medievale. È qui il centro del paese e del potere: in passato, infatti, la torre fu prima la residenza degli Aldobrandeschi e successivamente il palazzo civico. Oggi, sostando nella piazza sembra di essere in un salotto dove il tempo si è fermato e si può godere di una tranquillità intrisa di storia e di cultura.
Lasciato Montiano, il nostro itinerario prosegue lungo i vigneti maremmani dove numerose aziende vinicole disseminate lungo la provinciale propongono visite guidate alle vigne e degustazioni.
A dieci chilometri da Montiano, eccoci a Magliano in Toscana. La prima cosa che colpisce chi scorge il borgo dalle colline maremmane sono le imponenti mura (erette nel Medioevo e terminate nel Rinascimento) che circondano interamente il paese. La passeggiata sopra le mura è un’esperienza davvero unica. Il borgo di Magliano risale al 1000, i primi documenti degli Aldobrandeschi sono del 1009, la sua storia è un intreccio variegato che ci viene testimoniato anche dalla presenza di due tipi di torri: quelle quadrate risalenti alle mura dell’anno mille, e quelle rotonde, realizzate dai senesi, del 1500 per poter resistere ai colpi dei cannoni. La presenza di due mura con torri diverse di due periodi differenti è una rarità che rende Magliano unico nel suo genere.
Per immergersi a fondo nell’atmosfera del borgo, però, bisogna ascoltare i racconti della gente tra le vie del paese, le storie che correvano veloci tra le bocche dei bottegai, in un passaparola che arrivava sino ai vicoli più lontani e ai balconi delle case, fino ai giorni nostri. Su Checco Bello, un personaggio illustre di Magliano di cui rimane oggi il palazzo che porta il suo nome nel centro del paese, si raccontano molti aneddoti, come si può leggere nel libro Magliano in Toscana e la sua gente scritto da Vittoriano Baccetti, maglianese doc. considerato lo storico locale. Baccetti, per esempio, racconta «la scenetta della cambiale che Checco Bello aveva firmato, e che giunta a scadenza non era in grado di pagare. Quando il creditore si presentò per la riscossione, Checco Bello, prese il titolo in mano, come per saldarlo e poi con mossa fulminea lo porto alla bocca e lo mangiò, lasciando il creditore sbigottito. Il creditore si rivolse al Cucco, comune amico, perché intervenisse in suo favore. Il Cucco lo tranquillizzò, dicendogli “ora facciamo una bella merenda con abbondante vino e vedrai che sotto gli effetti del vino ammetterà il suo debito, per cui con i testimoni (normalmente alle merende del Cucco, prendevano parte, come già scritto, il Dottore, il Farmacista, il Maresciallo, altri amici), potrai cercare di esigerlo anche in futuro. Così avvenne. Alla fine della merenda, tutti iniziarono a cantare le lodi dell’uno o dell’altro dei presenti. Dopo un po’, il Cucco furbamente tirò in causa Checco Bello, ed in coro i presenti cantarono “Checco Bello è un brav’uomo” e Checco Bello ripeté “Checco Bello è un brav’uomo”, poi dopo altri sonetti “Checco Bello ha mangiato una cambiale” e Checco Bello cantò “Checco Bello…..non canta più”. Così si estinse il debito. “Checco Bello non canta più” assieme ad un’altra “Hai più debiti di Checco Bello”, sono rimasti ancor oggi modi di dire dei Maglianesi ed anche degli abitanti dei paesi vicini». Basta ascoltare uno di questi racconti per entrare nello spirito del borgo, per essere tra la sua gente. Dopo aver fatto il pieno di storie locali, la camminata nel centro acquista tutto un altro sapore.
Non si può lasciare Magliano senza fermarsi davanti all’incredibile “Olivo della Strega”, censito tra gli Alberi Monumentali della Toscana, la cui età è stimata tra i duemila e i tremila anni. La pianta millenaria si trova appena fuori dalle mura di Magliano, nell’uliveto della chiesa quattrocentesca della Santissima Annunziata ed è attualmente recintato a causa dei troppi turisti che lo stavano letteralmente smantellando per portarsi a casa come souvenir un pezzo di corteccia.
Scendendo, lungo la strada che conduce alla frazione di Sant’Andrea, a circa due chilometri da Magliano, in mezzo alla campagna si trovano i resti del monastero di San Bruzio, la cui costruzione fu iniziata dai benedettini intorno al 1000 e terminata verso la fine del XII secolo. Quel che rimane dell’antica chiesa è l’abside con l’elegante decorazione ad archetti pensili divisi per coppie da semicolonne. La perfetta realizzazione della cortina muraria esterna, in grossi conci di travertino perfettamente squadrati, è particolarmente suggestiva al tramonto, quando la luce calda “infiamma” il rudere e lo rende protagonista indiscusso del paesaggio circostante.
Partire da Magliano non è semplice, insomma. La nostalgia del tempo passato che ha ancora tanto da raccontare e tramandare sembra trattenere anche il turista più frettoloso. Eppure è tempo di andare e di salire. Verso Pereta.
La porta di ingresso del piccolo borgo è a 283 metri sul mare, il punto più alto arriva a 300. Sulle mura dell’arco che introduce al borgo, una targa del 31 maggio 1959 dà il benvenuto a chi decide di fermarsi a scoprire la piccola roccaforte maremmana:
Logoro il tempo queste antiche mura
ma non il cor dei peretani puri
risorte sfidan secoli futuri
forti e sicure.
Una volta entrati nel borgo, bisogna prestare molta attenzione. Pereta disorienta. Sarà lo sviluppo verticale delle strade, sarà la forma a pera del paese che richiama il suo stemma con l’albero con sette pere d’oro, fatto sta che i punti cardinali si confondono e chi si trova all’estremità più a nord del paese è convinto di trovarsi a sud o viceversa. Solo una volta usciti dalle mura del borgo e guardandolo dal di fuori si ritorna alla realtà.
Nel corso del tempo, a Pereta hanno vissuto o sono transitati poeti, registi e personaggi illustri, come ci racconta lo scrittore locale Claudio Terzaroli che ci accompagna nella nostra passeggiata. La tranquillità di questo borgo, che ha raggiunto il suo picco demografico negli anni Sessanta quando ha raggiunto i 600 abitanti, interamente circondato da un fitto bosco e lambito da tre corsi d’acqua, ne ha garantito in passato una posizione di dominio sul territorio circostante. Salendo tra gli stretti vicoli, si arriva alla torre realizzata sul finire del 1300 durante la dominazione senese probabilmente su un preesistente cassero del secolo XI.
Con i suoi 29 metri di altezza, la torre di Pereta rappresenta l’edificio turrito più alto della Maremma grossetana, la sua estremità si scorge fin da Capalbio se il tempo è favorevole. In occasione della festa di San Marco che si celebra il 25 aprile, il borgo di Pereta si anima per la tradizionale Sagra del Lunghino e Palio della Ruzzola che richiama molti visitatori e coinvolge anche i borghi limitrofi. Il palio è una tradizione che inizia nell’Ottocento e continua fino al dopoguerra, per essere poi ripresa a partire dagli anni Ottanta. Oggi è sicuramente grazie all’impegno e alla passione profusa dalla Pro Loco “I 4 Scudi” di Pereta che continua a tenersi e a crescere in notorietà. La parte gastronomica dell’evento prende forma nella Sagra del Lunghino, una tradizionale pasta fatta a mano con acqua e farina. Il programma prevede molti momenti di rievocazione storica e il Palio della Ruzzola, nel quale le quattro contrade cittadine si sfidano nel lancio di forme di formaggio. Il momento clou si ha con il Corteo storico per le vie del borgo speciale del Ministero del Turismo.. La festa peretana ha ricevuto nel 2011 il riconoscimento. La Sagra del Lunghino e il Palio della Ruzzola, tra tutte le rievocazioni popolari che promuovono la storia e le tradizioni italiane, sono state considerate tra quelle che maggiormente si sono distinte per il mantenimento delle tradizioni e del folklore locale. Il protagonista del territorio resta il vino.
Se qualche acino d’uva Sangiovese si può assaggiare nelle vigne anche tra le vie dei borghi, approfittando dei grappoli che fuoriescono dai giardini delle case antiche, è a Scansano che si crea la miscela magica. Il nostro percorso, dunque, non può che concludersi presso le cantine dei vignaioli del Morellino di Scansano di cui il Consorzio è il punto di riferimento internazionale. Non bisogna lasciarsi sfuggire una visita alla “città del Morellino” e la degustazione dei migliori vini d’annata, unita alla storia e alla cultura. Il percorso che propone il museo archeologico della vite e del vino, ubicato nel quattrocentesco Palazzo Pretorio nel cuore medievale del paese, vi sorprenderà per la quantità di materiali presenti e per il luogo suggestivo in cui sono esposti. In vino veritas: buona scoperta!
Testo di Sara Fumagalli.